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NCC: via libera alle autorizzazioni Importante intervento della Consulta sul servizio di noleggio con conducente (NCC): da Uber a Bolt, l'Italia si allinea all'Europa?

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NCC: cade il divieto, l’Italia si allinea all’Europa?

NCC, via libera alle autorizzazioni. “Il divieto di rilasciare nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente (NCC) sino alla piena operatività del registro informatico nazionale delle imprese titolari di licenza taxi e di autorizzazione NCC ha consentito, per oltre cinque anni, «all’autorità amministrativa di alzare una barriera all’ingresso dei nuovi operatori», compromettendo gravemente «la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea»”. È quanto ha affermato la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 137-2024, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, e dichiarando illegittimo l’articolo 10-bis, comma 6, del decreto-legge n. 135 del 2018.

La sentenza, come si può intuire di importante portata, apre la strada alla diffusione anche nel nostro Paese dei servizi ormai quotidianamente utilizzati in tutta Europa: da Uber a Bolt per intenderci.

Decreto Mimit

In via preliminare, la sentenza ha chiarito che la recente adozione del decreto n. 203 del 2024 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che stabilisce la “piena operatività” dell’anzidetto registro informatico a decorrere da centottanta giorni dalla sua pubblicazione, «non ha alcuna incidenza sul presente giudizio, dal momento che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa» in ragione della sua «struttura», a prescindere dalle evenienze «di fatto» e dalle «circostanze contingenti» attinenti alla sua concreta applicazione.

E ciò in quanto “è proprio la configurazione della disposizione censurata che ha consentito all’autorità amministrativa di bloccare l’ingresso dei nuovi operatori nel mercato del NCC semplicemente rinviando, «con il succedersi dei decreti (ovvero con la loro emanazione e la loro successiva sospensione), la piena operatività del registro informatico», come del resto ha dimostrato la concreta vicenda storica”.

Per cui è rimasta del tutto inascoltata – ha osservato la Corte – “la preoccupazione dell’Autorità garante delle concorrenza e del mercato (AGCM) volta a evidenziare che «l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all’esigenza di far fronte ad una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione»”.

Grave pregiudizio alla collettività

La norma censurata ha pertanto causato, in modo sproporzionato, «un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell’intera collettività». I servizi di autotrasporto non di linea, infatti, concorrono a dare effettività alla libertà di circolazione, «che è la condizione per l’esercizio di altri diritti, per cui la forte carenza dell’offerta» – che colloca l’Italia fra i Paesi europei meno attrezzati al riguardo – generata dal potere conformativo pubblico ha indebitamente compromesso «non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali, oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese».

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