Civile

Appello tardivo L’impugnazione incidentale può essere proposta anche quando sia decorso il termine per proporre quella principale. I capi della sentenza impugnabili con l’appello tardivo

appello tardivo

Cosa sono le impugnazioni incidentali tardive

L’appello tardivo è disciplinato dall’art. 334 c.p.c., in base al quale le impugnazioni incidentali possono essere proposte dalle parti contro le quali è stata proposta impugnazione (oltre che dai litisconsorti necessari) anche quando sia decorso il termine per proporre l’impugnazione principale (di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c.), o quando sia stata fatta acquiescenza alla sentenza.

Per comprendere la ragione che ha reso opportuna la previsione dell’istituto dell’appello tardivo nel nostro ordinamento, occorre tenere presente che il legislatore mira a scoraggiare l’impugnazione delle sentenze, al fine di diminuire il numero di contenziosi che affollano le aule di tribunale.

Consentendo l’impugnazione incidentale tardiva, si dà modo alla parte, che non sia particolarmente determinata ad impugnare un capo della sentenza a lei sfavorevole, a lasciar decorrere il termine senza attivarsi. Se poi questa riceve, oltre tale termine, la notificazione dell’altrui impugnazione principale, è rimessa in termini per impugnare a sua volta la sentenza con impugnazione incidentale tardiva.

I capi della sentenza impugnabili in via incidentale

L’istituto dell’appello incidentale si inserisce, peraltro, nel contesto di una normativa che salvaguarda l’unitarietà del processo di impugnazione, dal momento che l’art. 333 c.p.c. prevede espressamente che le parti alle quali sia stata notificata l’impugnazione della sentenza possono a loro volta impugnarla solo in via incidentale, nello stesso processo. In altre parole, non è possibile dar vita a distinti processi impugnatori, con distinte impugnazioni principali.

In generale, la principale distinzione riguardo alle impugnazioni incidentali, è quella tra impugnazioni incidentali adesive, cioè connesse ai medesimi capi impugnati dal ricorrente principale, e impugnazioni incidentali autonome, cioè rivolte contro capi della sentenza diversi e autonomi da quelli considerati nell’impugnazione principale.

Ebbene, nel caso dell’appello tardivo, è importante annotare l’andamento non sempre costante della giurisprudenza della Corte di Cassazione, riguardo alla questione se l’impugnazione incidentale tardiva debba necessariamente, o meno, riguardare ( o dipendere da) gli stessi capi della sentenza impugnati in via principale.

Appello tardivo: le sentenze della Cassazione a Sezioni Unite

Al riguardo, riportiamo una recente pronuncia che, da ultimo, ha evidenziato che l’appello tardivo può anche riguardare un capo della sentenza diverso e completamente slegato da quelli impugnati dal ricorrente principale (si pensi all’appellante incidentale, vincitore in primo grado, che impugna in via tardiva la pronuncia sulle spese compensate).

Secondo la Cassazione, infatti, “la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione, ma tale autonomia non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva volta a contestarlo” (Cass. civ., sez. II, sent. n. 33015 del 28 novembre 2023).

Nello statuire ciò, la Suprema Corte ha espressamente dissentito da alcune sue precedenti pronunce, come la sentenza Cass. n. 4845/2020, secondo cui, invece, la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio, costituendo capo autonomo, doveva essere impugnata in via autonoma e non con impugnazione incidentale tardiva.

A sostegno di tale decisione, la sentenza Cass. n. 33015/2023 ha richiamato l’autorevole orientamento delle Sezioni Unite: “L’autonomia del capo della sentenza impugnata non comporta l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo: secondo quanto affermato dalle sezioni unite di questa Corte, “l’art. 334 c.p.c., che consente alla parte, contro cui è stata proposta impugnazione, di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale” (così Cass. SS.UU., n. 4640/1989; il principio è stato riaffermato dalle sezioni unite con la pronuncia n. 652/1998; per una recente conferma v. Cass. n. 26139/2022)”.

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