Diritto di accesso ai documenti condominiali
La legge n. 220/2012 ha introdotto il nuovo art. 1130-bis c.c., il quale espressamente prevede che i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Per converso, sussiste l’obbligo dell’amministratore di tenuta delle scritture e dei documenti giustificativi per dieci anni dalla relativa registrazione.
Tale norma, per quanto concerne il diritto di accesso alla documentazione condominiale, deve necessariamente essere letta in combinato disposto con il secondo comma dell’art. 1129 c.c. che obbliga l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, a comunicare:
- i propri dati anagrafici e professionali;
- il codice fiscale o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione;
- il locale ove si trovano i registri obbligatori (anagrafe, contabilità, verbali, nomina/revoca);
- da ultimo, per quel che concerne maggiormente il caso in commento, “i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prendere gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata”.
Una prima considerazione che deve essere necessariamente effettuata attiene alle modalità di accesso agli atti da parte dei condomini. Come affermato a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, il potere di controllo, pur riconosciuto dalla legge ai partecipanti al Condominio, non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione né porsi in contrasto con il principio di correttezza ex art. 1175 c.c. (Cass. n. 12579/2017).
Immobile in comodato: il caso in commento
Nella fattispecie concreta in questione, un proprietario di un immobile in condominio richiedeva a più riprese all’amministratore copia degli ultimi tre rendiconti approvati nonché di conoscere le quote ordinarie dovute, in quanto il predetto immobile era concesso in comodato alla moglie, nell’interesse del figlio minore (cd. “casa familiare”).
Sebbene le predette richieste, inviate dapprima personalmente e di poi a mezzo legale di fiducia, venivano regolarmente ricevute dall’amministratore a mezzo raccomandata a.r., questi non forniva alcun riscontro.
Il condomino, dunque, si vedeva costretto a ricorrere al Tribunale competente per territorio incardinando ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (cd. “obbligo di fare” ora abrogato con la riforma Cartabia)) per vedere soddisfatte le sue ragioni.
Con l’ordinanza in commento (del 21 luglio 2020), nell’accogliere la domanda attorea, il Tribunale di Napoli Nord pone riferimento alle norme in tema di mandato. Come si legge in motivazione: la L. n. 220/2012 ha ormai chiarito che l’amministratore è legato al Condominio da un particolare rapporto di mandato e che, dunque, stante anche il dato legislativo, nei rapporti tra l’amministratore ed i condomini si applicano le norme in tema di mandato, in quanto compatibili. Tra queste, assume rilievo l‘art. 1713 c.c. relativa all’obbligo gravante sul mandatario di rendere al mandante il conto della gestione. Da tale obbligo deriva, dunque, il diritto dei condomini a prendere visione della documentazione condominiale, nelle forme e con i limiti di cui al precedente paragrafo e a condizione che il diritto di accesso non comporti oneri per il condominio.
L’abuso del diritto
È chiaro che, in caso di continue e reiterate richieste “meramente esplorative” da parte del condomino, il contegno assunto sfocerebbe nella figura del cd. abuso di diritto. Tale istituto, a differenza di altri sistemi codicistici europei, non è espressamente disciplinato mediante una previsione generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo. Vi sono, viceversa, solo specifiche disposizioni in cui sanzionato l’abuso con riferimento all’esercizio di determinate posizioni soggettive. La principale, e forse la maggiormente nota agli operatori del settore condominiale, di queste fattispecie è sicuramente quella del “divieto di atti emulativi” di cui all’art. 833 c.c.
Sul piano processuale, poi, l’abuso del diritto si traduce in abuso del processo per le ipotesi in cui una parte agisca senza utilizzare la normale diligenza in maniera “temeraria”. Tale fattispecie è sanzionata dall’art. 96 c.p.c. in tema di condanna alle spese processuali.
Gli elementi costitutivi dell’abuso sono, dunque essenzialmente tre (Cass. n. 20106/2009):
- la titolarità di un diritto soggettivo (quello del condomino ex artt. 1129 c.c. e 1130-bis c.c.), con possibilità di utilizzo secondo diverse modalità;
- l’esercizio concreto del diritto in modo solo formalmente rispettoso della cornice attributiva, ma, tuttavia, censurabile rispetto a un criterio di valutazione giuridico e/o extragiuridico;
- la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione tra il beneficio del titolare del diritto (il condomino) ed il sacrificio cui è costretta “la controparte” (l’attività professionale dell’amministratore);
- secondo parte della dottrina, sarebbe necessario anche l’elemento soggettivo del cd. animus nocendi, tipico degli atti emulativi.
Diritto innegabile, dunque, in capo al condomino, quello di accesso alla documentazione del Condominio, ma da esercitarsi entro ben determinati limiti.