Obbligo di mediazione impugnativa delibera assembleare
Ai sensi dell’art. 5, co. 1, d.lgs 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, il che significa che, nelle materie di cui sopra, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
Quando l’azione di cui all’articolo 5, co. 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo (art 5 bis, d.l gs 28/2010) e quindi sul condominio ricorrente.
Ai fini della tempestività (al fine di impedire, nella specie, la decadenza per inosservanza del termine di cui all’art. 1137, 2° comma, c.c.) della domanda di mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs. 25/2010, quel che conta, afferma il tribunale di Napoli, nella sentenza n. 10208/2023, “è la comunicazione a controparte della avvenuta presentazione della domanda, e non anche della data di convocazione dinanzi all’organismo di mediazione”.
L’art. 5, 6° comma, del d.lgs. 28/2010 prevede, infatti, che “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’art. 11 presso la segreteria dell’organismo”.
Pertanto, osserva ancora il tribunale, “non è dal momento della presentazione della domanda di mediazione, ma soltanto dal momento della relativa comunicazione all’altra o alle altre parti, che si verifica l’effetto, collegato dalla legge alla proposizione della relativa procedura deflattiva, di impedire la decadenza eventualmente prevista per la proposizione dell’azione giudiziale, come nel caso della impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale, ex art. 1137, 2° comma, c.c.” (cfr. Cass. 2273/2019).
Peraltro, non sembra possa validamente porsi in dubbio che l’onere della comunicazione (al fine anzidetto) della presentazione della domanda di mediazione incomba sulla parte che l’ha presentata, e non già sull’adito organismo di mediazione, come si evince in modo univoco dalla stessa formulazione della norma, che collega l’effetto interruttivo della prescrizione o impeditivo della decadenza al momento della comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione.
Obbligo di indicare i motivi di impugnativa in mediazione
Quanto all’obbligo di indicare, a pena di improcedibilità, tutti i vizi e le motivazioni e le domande che saranno poi oggetto dell’azione giudiziaria, il tribunale ricorda che ai sensi dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010: “L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa” e deve avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni) riproposti in sede processuale (persone, petitum e causa petendi dell’art. 125 c.p.c.) ciò in quanto la mediazione è effettiva solo ove la parte chiamata viene messa in condizione di conoscere tutte le questioni costitutive della pretesa dell’altra parte. L’istanza perciò deve essere completa, così da rendere possibile il raggiungimento di un accordo che risolva la materia del contendere evitando un procedimento giudiziale.
“Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o della causa petendi, non può considerarsi validamente espletata e comporta l’improcedibilità della domanda” (nota 1).
Nella specie, invero, parte attrice ha avanzato istanza di mediazione dalla quale si evince soltanto l’oggetto della domanda, ossia l’impugnativa della delibera del 17.12.2021 con particolare riguardo ai capi 2 e 3 all’ordine del giorno senza alcuna indicazione dei motivi di tale impugnazione.
Orbene, precisa il giudice, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l’improcedibilità, potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e, solo in caso di mancato (valido) esperimento di tale nuova mediazione, pronunciare l’improcedibilità della domanda, è anche vero che nel caso di impugnazione di delibera condominiale sussiste un termine di decadenza che viene interrotto dalla “comunicazione” (che può essere fatta sia dall’organismo di mediazione che direttamente dall’istante) della istanza di mediazione alla controparte una sola volta e che inizia a decorrere nuovamente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione.
Tale effetto interruttivo, però, può essere riconosciuto solo ad una procedura validamente espletata ed in relazione all’istanza comunicata che sia simmetrica alla futura domanda giudiziale, tenuto conto della natura deflattiva dell’istituto della mediazione, volto ad instaurare subito, già dinanzi al mediatore e prima del processo, un effettivo contraddittorio sulle questioni che saranno oggetto del futuro ed eventuale giudizio di merito. Ed è sempre in virtù della fine della procedura che il legislatore ricollega, per una sola volta, alla mediazione l’interruzione delle decadenze.
Diversamente, consentire alla parte di avvalersi del beneficio dell’impedimento delle decadenze con la mera presentazione di una “istanza” che non presenti i requisiti sopra indicati, significherebbe svilire l’istituto della mediazione ad un mero adempimento burocratico, in contrasto con la ratio ad esso sotteso, ed incentivare il suo uso meramente dilatorio, a beneficio di una sola parte.
Nel caso di specie l’istanza di mediazione versata in atti si presenta del tutto generica, non contiene alcun riferimento alle singole delibere impugnate ed ai vizi ad esse imputati; la domanda giudiziale, invece, contiene l’impugnativa di più deliberati (si tratta, infatti, di più delibere assunte su diversi ordini del giorno della stessa seduta) e l’esposizione, per ciascuna di essi, dei singoli vizi denunciati (contemplando, peraltro, in alcuni casi, anche censure che non si sostanziano, strictu sensu, in vizi di legittimità delle delibere).
Mancando la necessaria simmetria tra l’istanza di mediazione e la domanda giudiziale in concreto formulata, la mediazione non può ritenersi validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell’impugnazione ex art. 1137 c.c. (per cui sarebbe risultato inutile demandare alle parti una nuova mediazione che mai avrebbe potuto sanare la decadenza nella quale è incorsa la parte attrice).
Infatti, nel caso sottoposto all’esame del tribunale “non può parlarsi di parziale difformità, di non perfetta coincidenza di petitum e causa petendi ovvero di generica indicazione dei motivi giacché essi oggettivamente non risultano in alcun modo richiamati nell’istanza di mediazione”.
Conseguentemente, il tribunale napoletano dichiara improcedibile la domanda e inammissibile l’impugnazione per intervenuta decadenza.