Il mutamento della destinazione d’uso
Oggetto della presente disamina è il rapporto tra il mutamento della destinazione d’uso e la potenziale alterazione della caratura millesimale dell’immobile in condominio. Si faccia il caso, di cui pure la giurisprudenza si è occupata in diverse occasioni, che il proprietario per un qualsiasi motivo abbia a richiedere il mutamento della originaria destinazione catastale.
In tali casi, per legittimare il proprietario dell’unità immobiliare in questione a richiedere – anche a mezzo atto di citazione da notificarsi all’amministratore (e non più a tutti i condomini) – la revisione delle tabelle millesimali, occorre accertare che sussistano le condizioni di cui all’art. 69 disp. att. c.c. sopra menzionate (errore o alterazione di almeno 1/5 del valore dell’immobile).
Non è sufficiente di per sé, dunque, il mero dato del mutamento della destinazione d’uso ad incidere sull’assetto millesimale, atteso che l’individuazione dei valori proporzionali deve avvenire tenendo conto delle caratteristiche obiettive proprie degli immobili e non anche della loro possibile destinazione, determinata essenzialmente da valutazioni di carattere soggettivo, quali le personali necessità e/o le esigenze economiche (Cass. n. 19797/2016).
Il frazionamento dell’unità immobiliare
Le medesime considerazioni valgono per il caso di divisione orizzontale in due parti di un appartamento in condominio. Con sentenza n. 15109 del 3 giugno 2019, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha analizzato tale fattispecie alla luce del criterio della “notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano”.
Tale criterio era vigente in epoca ante-riforma e veniva in rilievo nella fattispecie in commento in quanto applicabile ratione temporis.
Il frazionamento aveva determinato una diversa intestazione della quota millesimale, in precedenza attribuita ad un unico condomino e ciò imponeva, al più, di adeguare le regole di gestione del condominio alla mutata situazione, mentre non ha inciso sulle tabelle millesimali, non essendosi notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzione di piano, da intendersi, allo stato, come alterazione di almeno 1/5 del valore proporzionale dell’unità immobiliare. È solo oltre tale soglia che si può richiedere ed ottenere la revisione delle tabelle.
La Cassazione conclude la disamina affermando che “grava sull’assemblea l’onere di provvedere a ripartire le spese tra le due nuove parti così create ed i rispettivi titolari, determinandone i valori proporzionali espressi in millesimi sulla base dei criteri sanciti dalla legge”.
Quanto appena detto è supportato dalla circostanza che in ambito condominiale non trova (rectius non trova più) cittadinanza il principio dell’apparenza del diritto, non sussistendo relazione di terzietà tra condominio e condomino.
Ne deriva che le spese gravano esclusivamente sul proprietario effettivo dell’unità immobiliare e che l’amministratore ha il potere/dovere di aggiornare i propri dati tenendo conto della reale composizione dell’edificio e, ai fini del riparto, anche a mezzo consultazione dei pubblici registri immobiliari (conformi Cass. civ. VI/II n. 23621/2017 e Cass. civ. II n. 17039/2007).